Intervista con Renzo Formigli

1. Con una famiglia così coinvolta nel ciclismo, perché Lei ha scelto di costruire biciclette invece di correre?
Avevo otto anni quando dissi a mia madre che da grande avrei voluto costruire biciclette. La passione per la meccanica che da sempre mi ha accompagnato, l’ho declinata in un ambito a me molto familiare, il ciclismo appunto. Mio nonno, mio padre e mio fratello correvano e già all’età di tre anni ero un attento spettatore delle gare ciclistiche. Ho provato a montare in sella, ma in tutta sincerità ero molto più bravo a riparare telai e a smontare biciclette!Realizzare con le mie mani un oggetto unico, credo sia stata questa la spinta che mi ha portato fino a qui.

2. Per quale team hanno professionalmente corso suo nonno, suo padre e suo fratello?
Mio padre e mio fratello sono arrivati a correre fino alla categoria dilettanti, oggi chiamata élite. Nessuno dei due aveva le doti particolari per intraprendere la carriera da professionista. All’epoca diventavi un vero corridore solo se avevi un talento eccellente, non come succede al giorno d’oggi, in cui, grazie allo sponsor giusto, un ciclista con qualità non straordinarie, riesce a far parte di un team professionistico.

3. Come ha conosciuto Cino Cinelli?
Ho incontrato Cino Cinelli all’età di 21 anni in occasione della presentazione di una squadra allenata da mio padre, la “Corale Impruneta”, una piccola realtà della provincia di Firenze. Durante la manifestazione mi avvicinai a Cinelli per chiedergli se potesse dedicarmi un po’ del suo tempo per insegnarmi i metodi migliori per costruire biciclette. All’epoca avevo già cominciato ad armeggiare con i telai, ma non avevo ancora molta esperienza. Cinelli accettò, piacevolmente sorpreso dalla mia giovinezza e dalla mia sete di sapere e fu molto disponibile nel trasmettermi alcuni “segreti” tecnici, che ancora oggi conservo gelosamente, pur trattandosi di competenze relative alla costruzione in acciaio, oggi parzialmente sorpassate con l’avvento di nuovi materiali.

4. Com’era il suo primo telaio?
Ho costruito la mia prima bicicletta all’età di 22 anni. Lo ricordo molto bene perché questa fu la prima bici targata Formigli che ho fatto correre. Il telaio era in acciaio – a quell’epoca non si utilizzava ancora l’alluminio né tanto meno il carbonio – assemblato con tubi Columbus e saldato ad argento tramite congiunzioni. Era blu petrolio, con la scritta “Formigli” bianco perla. Questa bicicletta fu realizzata per Gianclaudio Serraglini, un amico corridore che salì in sella alla Formigli per la cronoscalata del Passo della Futa, per anni una dei più importanti appuntamenti del settore. La bicicletta risultò buona, perche’ anche se non vinse, Gianclaudio arrivò comunque tra i primi dieci.

5. Quando e perché ha deciso di creare un suo marchio di biciclette?
Ho iniziato ad avere un mio marchio all’età di 22 anni, concretizzando già in giovane età il mio sogno di costruire biciclette da corsa che portassero il mio nome, come ho già “svelato” nelle precedenti risposte. Da bambino, seguendo le gare, pensavo che sarebbe stato meraviglioso vedere accanto a biciclette importanti come le Colnago, le Masi, le Pinarello, una realizzata da me e che avesse il mio marchio. E così a 22 anni inizia a fare i primi telai da corsa, puntando soltanto sul mondo delle corse, senza considerare il pubblico degli amatori. Adesso la mia filosofia è cambiata: ho voglia di creare biciclette universali, biciclette che siano in grado di soddisfare i desideri di ciascun cliente, anche se nel mio cuore è sempre forte la voglia di costruire biciclette da veder correre.

6.Può dirci qualcosa in più sul suo desiderio di portare il vecchio mondo dell’artigianato a contatto con materiali più moderni?
Credo che nella fabbricazione di telai “moderni”, l’artigianato stia quasi scomparendo. Di ditte come la nostra che ancora oggi lavorano a mano anche i materiali di ultima generazione, puntando molto sulla personalizzazione della bicicletta, ne sono rimaste poche. Alle grandi aziende del settore conviene far produrre i loro prodotti nei paesi asiatici, paesi in cui i costi sono decisamente più bassi. La nostra filosofia di lavoro è basata sulla manualità, sull’eccellenza del Made in Italy, sulla cura dei particolari per soddisfare ogni desiderio di ciascun cliente. Vogliamo rimanere fedeli alle nostre tradizioni, perché pur utilizzando materiali moderni, vogliamo realizzare prodotti esclusivi.

7. Tutta la produzione avviene in Italia, dalla fabbricazione del carbonio, alla verniciatura e rifinitura del telaio?
Sì, tutto il ciclo di vita di una bicicletta si svolge in Italia, dall’acquisto dei materiali fino alla verniciatura. Abbiamo, in catalogo, soltanto un modello prodotto in Oriente, un modello dai costi più contenuti e accessibili, pur mantenendo la qualità Formigli. Abbiamo scelto questa linea per permettere a un maggior numero di squadre ciclistiche di acquistare un nostro telaio, anche se questo non rispecchia pienamente al nostra filosofia.

8. Quant’è importante una rifinitura accurata?
Direi indispensabile. I clienti sono sempre più esigenti e la cura dei particolari è un aspetto a cui stanno molto attenti. Un prodotto di qualità deve essere anche un prodotto esteticamente attraente. Ad esempio, in un telaio Formigli le limature sono eseguite interamente a mano, a differenza di molte altre case in cui si realizzano solo telai in monoscocca, per bypassare questo procedimento. Il monoscocca, una volta uscito dallo stampo, non necessita di rifiniture, caratteristica questa che ne abbassa il costo e anche l’artigianalità. I telai Formigli sono telai unici anche per la loro lavorazione: il fatto a mano è sinonimo di qualità, non di omogeneità dei risultati.

9. Quante forcelle diverse utilizza per creare un percorso perfetto?
Non credo che una forcella crei il percorso perfetto, questo compito spetta al telaio. Quando costruiamo un telaio, lo pensiamo già competitivo per la propria disciplina, lo immaginiamo già per il ciclista finale. Un telaio da velocista può andar bene solo per un velocista e neanche se cambiamo la forcella si potrà mai snaturare. Questa idea della variazione di funzione in base alle forcelle, è nata con l’utilizzo dei telai stampati in monoscocca, in cui, considerate le loro impostazioni standard, il cambiamento della forcella può fare la differenza. Questo però non è un problema Formigli. I nostri telai nascono in base alla forcella da montare. Come si dice in Italia, “da un asino non si farà mai un cavallo da corsa”!

10. Molti corridori sanno poco e niente riguardo alla geometria di una bicicletta, piuttosto lasciano che qualcun altro scelga per loro. Lei come aiuta i suoi clienti a scegliere ciò che è giusto per loro? Come si riesce a trasformare in geometria parole come “agilità” e “comodità”?
Ogni caratteristica strutturale del telaio richiede un preciso materiale. Ad esempio: se il cliente richiede una bicicletta confortevole, non suggerirò mai l’uso dell’alluminio, più adatto ad altre esigenze. Anche la geometria del telaio è importante: per ottenere un prodotto adatto a persone non più giovani, non userò mai tubi sterzo bassi, per evitare l’abbassamento del busto sul manubrio. Questi sono alcuni spunti che denotano una particolare attenzione da parte di Formigli alle esigenze del cliente. Ogni richiesta viene soddisfatta, non basterebbero 10 interviste per esaurire tutta la casistica!

11. Quant’è grande la sua fabbrica?
Se penso alla mia ditta, il termine fabbrica mi stona un po’. Il mio è un piccolo laboratorio artigianale di circa 100 metri quadri.

12. Quante biciclette produce in un anno in carbonio e quante in acciaio?
In totale produciamo circa 300 telai all’anno. Negli ultimi due anni la richiesta è cresciuta, soprattutto per i telai in acciaio. In sostanza circa 200 telai sono in carbonio e il resto in acciaio e alluminio.

13. Molte persone credono che il carbonio migliore venga prodotto in Asia. Perché un corridore dovrebbe scegliere una Formigli personalizzata?
Credo che l’opinione diffusa tra i clienti riguardo al telaio in monoscocca sia distorta dalla pubblicità delle grandi azienda, che abituano a pensare che una bicicletta in carbonio prodotta con questo sistema in Asia, sia migliore rispetto ad altre. Per esempio, se al prossimo Tour de France vincesse una bicicletta Formigli, allora il nostro nome rappresenterebbe in toto l’idea della bicicletta perfetta. Ecco il potere della pubblicità! Tuttavia, credo che il giudizio migliore e più veritiero lo diano i ciclisti che hanno provato una Formigli e hanno testato personalmente la qualità del nostro carbonio.

14. Il suo sito web parla di equilibrio tra bicicletta perfettamente bilanciata e biciclette puramente leggere. Ci può aiutare a capire la differenza?
Per essere leader del mercato, una bicicletta deve avere tre caratteristiche: per prima cosa deve essere leggera, poi avere un design piacevole e infine essere protagonista di un’ottima campagna pubblicitaria. Credo che una Formigli spicchi soprattutto per il secondo punto, poiché la leggerezza non è per noi requisito fondamentale. Lavoriamo da anni a stretto contatto coni corridori e abbiamo imparato che biciclette troppo leggere tendono ad avere grossi problemi di assetto e tenuta, soprattutto se realizzate con un carbonio dagli spessori troppo sottili. Una vera bicicletta da corsa professionale ha bisogno di una struttura solida, principio che gli appassionati di questo sport dovrebbero tenere bene a mente!